Doglie: il dolore del parto

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Il dolore, in ogni sua forma, suscita in noi paura soprattutto perché ci fa subire passivamente una situazione, un’emozione che affligge il nostro stato d’animo. Ma, se potessimo affrontarlo, guardarlo in faccia in modo da individuarlo, potremmo controllarlo e quasi dissolverlo? Il dolore del parto si può controllare?

Durante il travaglio e il parto fisiologico ciò è possibile. Infatti le donne, potendo conoscere e “guardare in faccia” questo dolore, possono essere capaci di accettarlo non come spettatrici, bensì come protagoniste libere, potenti e al centro della scena. Prima di affrontare il dolore del parto, possiamo studiarlo un po’ e venire a conoscenza di una delle sue più importanti caratteristiche: la ritmicità. Il dolore delle doglie, infatti, è costantemente alternato da pause, durante le quali la sensazione dolorosa cessa e scompare. Durante la pausa l’utero non si contrae e si rilassa, si espande in un continuo processo dinamico di trasformazione. Questa dinamicità la viviamo anche nel contrasto tra l’istinto del corpo della donna che vuole autoconservarsi ma, nello stesso tempo, desidera terminare il travaglio per dare la vita al proprio bambino e abbandonare così la gravidanza: la donna è in uno stato di allerta e attenzione, ma finalizzato alla protezione del suo bimbo. Questi processi, apparentemente in antitesi tra di loro, fanno in modo che l’evento nascita sia un adattamento graduale, sia per la donna, sia per il neonato.

Inoltre, la sensazione dolorosa ha una doppia origine: fisica e mentale. Infatti, durante le doglie, percepiamo dolore soprattutto nella zona del basso addome, del bacino e lombosacrale. Invece, in contemporanea, si attivano nella nostra mente processi molto complessi che portano alla creazione di diversi ormoni: endorfine ed encefaline (durante le pause), ossitocina e prostaglandine (durante le contrazioni). Il dolore, principalmente dovuto alle contrazioni delle fasce muscolari uterine e alla discesa del neonato, provoca nel nostro organismo uno stress acuto che porta a un picco di produzione di ormoni come le catecolamine, che a loro volta portano allo sviluppo dell’ossitocina e delle endorfine. Queste fanno in modo che vi sia un aumento graduale dell’attività contrattile ma anche una maggiore capacità di tolleranza al malessere provocato.

Per fare in modo che questo processo funzioni bene, dobbiamo completamente abbandonarci a questi due momenti. Durante la pausa tra una contrazione e l’altra dobbiamo riuscire a rilassarci il più possibile, così lo stress non sarà cronico ma solo a fasi alterne. Se, sentendoci in un luogo protetto e sicuro, lascio che il mio corpo si abbandoni durante le pause tra le doglie, anche con massaggi, coccole, posizioni di appoggio, se continuo a respirare con espirazioni lunghe durante le contrazioni e lascio che io mi senta libera di esprimermi attraverso il grido, il canto, la vocalizzazione e il movimento libero, potrò dare dei messaggi di calma, di tregua al mio organismo, che risponderà fisiologicamente con le endorfine. Queste ultime non solo abbassano la percezione del dolore, ma possono creare uno stato alterato della coscienza, un completo abbandono di sé, che permette la dilatazione completa e quindi finalmente ci rendono pronte per separarci dal nostro bambino e ad accoglierlo.

Le endorfine viaggiano anche nel liquido amniotico del bambino, così che anche lui, rilassandosi tra una contrazione e l’altra, possa recuperare energie per nascere e, attraverso il ritmo delle contrazioni, si prepari alla respirazione. Il dolore è la vera guida in questo difficile lavoro per la nascita: ci indica la via da seguire (ad es. respirazione), le modalità (movimento, riposo) e ci orienta fisicamente (posizioni antalgiche, massaggi). Solo una donna attiva può seguire il proprio istinto e attingere alle proprie risorse, vivendo il travaglio e il parto naturale nel modo in cui vuole accogliere il proprio bambino.

OSTETRICA Alessia Zucchelli